Trotterellavo, allegra accanto a mio padre che portava in spalla il suo fucile
da caccia.
Mi sentivo sicura , protetta, non temevo niente.
La stradina di campagna che percorrevamo era costeggiata dal caro fiumicello
e colorata da fiori teneri e profumati.
Un cinguettio dolce e armonioso giunse alle nostre orecchie delicatamente, lo
sguardo in alto, vedemmo sul ramo di un folto albero, un uccellino.
Fu solo un attimo! Un colpo di fucile produsse un’eco cupa e dolorosa. Stordita,
sentii appena la voce di mio padre che diceva: - Adesso, vallo a prendere.
Ancora frastornata, mi mossi come un automa e guardai tra i cespugli.
Era lì inerte, con il becco semiaperto per il canto interrotto……
Oh no! Aveva ancora gli occhi sbarrati dalla paura.
Le lacrime cominciarono a scorrere copiose sulle mie guance, corsi da mio
padre e con tono minaccioso gli dissi: - Cattivo, non ti voglio più bene!
Non è stato così. Ho continuato ad amarlo sempre teneramente soprattutto
adesso che non c’è più, ma da allora, quando si avvicinava con il suo fucile in
spalla e mi diceva: - Vieni!
Io con voce triste sussurravo: - Resta, non andare.

 

 

 
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